Se non avete mai visitato il paese di Bibbona (LI), avete due validissimi motivi per farlo.
Il primo: ammirare la meraviglia del centro storico, passeggiare e restare affascinati
dai colori caldi delle vie di questo antico borgo medievale, vecchie strade lastricate, archi
fioriti, chiese, antichi portali di case in mattoni a faccia vista, la rocca… dai balconi poi
vi terranno compagnia gli occhi e il parlottare della gente del posto, insomma… soltanto
questa suggestione vale una visita.
Il secondo motivo si chiama “io CUCINO “, il Ristorante di Gionata D’alessi.
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Avevamo super-prenotato con una settimana di anticipo, pensare infatti di sedersi
a questi tavoli arrivando all’improvviso è facile come incontrare il Papa al McDrive
che guida una Ferrari. La veranda, oppure il déhor, come dicono quelli che parlano
bene, è intimo e molto curato, avvolto dal verde delle piante, i colori e le luci sono
dosati alla perfezione, l’atmosfera potrebbe essere quella di una cena in famiglia
con un sottofondo musicale di tutto rispetto… la pace del borgo di Bibbona.
Arriviamo di sera nella piccolissima Piazza Mazzini, e l’accoglienza amichevole del personale,
malcela un gran “mestiere” nel condurre la sala, il servizio è attento e informale, nel senso
che si fa uso della simpatia, ma si conosce molto bene la giusta misura tra “il dare del tu” e il
“buonasera signori”.
Arriva una cosa sul tavolo che a noi piace più della loro mise en place dai toni
semplici… un piccolo tagliere di legno con sopra una sottile schiacciatina, talmente
ghiotta, da pensare di proibirne l’uso ai termini di legge… soprattutto prima di cena.
Cercando tra le tante esperienze professionali di Gionata, troviamo la Provenza di
Antibes e Juan-les-Pins, un importante “fianco a fianco” con Luciano Zazzeri ai
fornelli della sua Pineta, e una prestigiosa conduzione dell’Osteria Magona a Bolgheri.
In una cucina dalla mano brillante ed estroversa, non si perde di vista quelle
che sono le radici della tradizione Toscana, la Carni primeggiano, e ricco è l’uso,
nelle sue preparazioni, di materie prime locali. La partenza è affidata ad una Cruditè
di Chianina e una Tartare con le sue Senapi. Giusto per non saltare i primi piatti ho
assaggiato dei Maltagliati alla Pernice ( se non l’avessi fatto… soprannaturali!! ).
Stavo leggendo i Secondi, quando… SBAMM! Un piatto che mi fa perdere qualsiasi
possibilità di resistenza e di controllo, dotato di forza oscura e travolgente, penetrante,
persuasivo… Il Coniglio nostrano in porchetta ( morbido… succulento, ambrosico) .
Tania mentre morde con gusto la sua Tagliata di Cinta Senese, mi dice: “Non sai
cosa ti stai perdendo)
Consistente e appassionata la Carta dei vini, se non avete le idee chiare rischiate di perdervi
nell’infinito dell’Enologia Toscana, Nazionale e oltre confine. Siate curiosi, sono tante le
etichette di zona di cui poter approfittare, scoprirete dell’ottima qualità ad un prezzo ancora
ragionevole, se invece volete brillare come un taste-vin alla luce del sole, non avrete che da
chiedere, non mancano i giganti dai nomi più pregiati.
Per la scelta della bottiglia di stasera, abbiamo seguito e subito il fascino che il lavoro
e l’impegno dei piccoli produttori di zona esercita su di noi, quelli che sposano una
causa e s’innamorano di un tramonto sulla loro terra, dove poi pianteranno le loro viti.
Può essere il caso di Massimo Pasquetti che a pochi chilometri da Suvereto, nella propria
Azienda ” I Mandorli “, ha prodotto questo ottimo Cabernet in purezza.
Mentre aspettiamo uno dei momenti più attesi della cena, quello dei Dolci, ci vengono
offerti dalla casa dei Biscotti di pasta frolla con Crema Pasticciera all’Arancia.
I Dolci sono raccontati a voce, io sono concentrato come un concorrente di
“Lascia o raddoppia”, mi sveglio solo quando la voce narrante pronuncia
la parola Gelato. La mia scelta è un trittico da campionato del mondo: Pistacchio,
Arachidi e Nocciola, una struttura superba, morbidamente cremoso. L’altro Dessert,
almeno per noi, non avrebbe avuto senso se non avesse contemplato “quel gelato” li,
infatti il gelato è arrivato, e pure accompagnato da un Tortino disumano ( di cui non
ricordo il gusto… forse Amaretto… boh! ). Crediamo davvero di aver regalato al nostro
palato cinque minuti di carezze… una vera goduria.
Vi portiamo a visitare l’interno, che a parer nostro può essere considerata la vera chicca
di questo locale Bibbonese. Un intelligente restauro conservativo regala agli occhi della
clientela una bella sala in pietra, una volta ospitante un vecchio frantoio, la macina al
centro della stanza rivela l’antica destinazione d’uso. I colori delle pareti e del soffitto
in legno si fondono alla perfezione con i toni naturali usati per i tavoli e gli arredi.
Molta semplicità e raffinatezza nel progettare le griglie in ferro che sostengono le bottiglie
dei vini, sono scaffali dal disegno esile, evidentemente forti fisicamente ma delicati
nell’immagine, si rendono quasi invisibili, le bottiglie sembrano quasi sospese in aria.
Forse la penserete come noi, un posticino così carino e accogliente non avrebbe bisogno di
altro per essere perfetto, invece Gionata ci sorprende con la sorpresa finale. Dopo cena,
mentre facciamo due chiacchiere, ci mostra proprio sotto la piazza, una stanza che ha
tanto il sapore di rifugio segreto… una stanza che concede, non senza un pò di gelosia e
timore, soltanto ad amici e conoscenti, sicuramente a persone che amano il mondo del
cibo e l’arte del buon bere. “Ci sono anche i vini della mia cantina personale“, mentre
parla trasmette tutto l’orgoglio dell’uomo che ama quello che ha costruito, è determinato
e gentile, requisiti indispensabili per distinguersi in questo non facile settore.